Papazuoi (e risi) da lat
Minestra cremosa a base di grumi ottenuti intridendo la farina di frumento con un po’ d’acqua in una scodella, sbriciolandoli con le mani e lasciandoli cadere a pioggia nel latte bollente (Rossi 1992). Questi sono i papazuoi (e risi) da lat.
Da leccarsi i baffi!
Non a caso il termine latino dal quale deriva è pappare + -aceu + -eolu ‘mangiare avidamente’ da voce onomatopeica ( Nicolai e Pellegrini 2000)
E devono essere stati davvero appetitosi per ispirare un detto che sembra fatto apposta per sottolineare la golosità di chi si ‘tuffa’ nel piatto. Si diceva, infatti, che:
I papazuoi i cor ju per i troi, la polenta la stenta, la jufa la stufa (trad. italiana: gli gnocchetti corrono giù per i sentieri, la polenta fa fatica, la minestra di polenta stufa)
E come gnocchetti sono saltate di qua e di là diverse varianti: papazoi (Basso Agordino), papazui (La Valle Agordina), papaciuoi (Laste), menudiei, pestariei (Pallabazzer 1989; Rossi 1992)
Ma come si prepara questo piatto golosissimo? Ecco una ricetta originale:
Se meteva doi trei pugn de farina bianća nte n ćadin de legn, co na man se ghe treva ju aiva a goze e con chel’autra se missieva per fà vegnì i balot; daspò se meteva sul fuoch l laviejin col lat e sal e cande che l boiva se treva inte i papazuoi co na man, e endana se sfregoleva che i vegnisse menui, no propio gnoch.
(trad. italiana: si mettevano due tre pugni di farina bianca in un catino di legno, con una mano si versava acqua a gocce e con l’altra si mischiava per far venire le palline; dopo si metteva sul fuoco il piccolo laveggio con il latte e sale e quando bolliva si gettavano i papazuoi con una mano e nel frattempo si sbriciolavano affinché diventassero piccoli, non grossi come gnocchi)
(testimonianza di Cencenighe Agordino; Rossi 1992)
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