Il Filò
Metteteci una giornata uggiosa, il freddo che si fa pungente e la legna che vale più dell’oro, la casa di sassi e i vetri sottili alle finestre… La stagione avanza e il sipario cala sui lavori nei campi. Il freddo si fa via via più pungente e la luce arriva per poche ore nelle vallate alpine.
Come correre ai ripari se sei un contadino dell’Ottocento?
Forse era proprio inevitabile trovarsi a far filò, scaldarsi e rannicchiarsi nel fieno delle stalle, con il tepore degli animali. In questa atmosfera si rimetteva in circolo il sapere, si apprendeva facendo, si filava e si rammendava, si portavano a termine piccoli lavori manuali, si costruiva qualche gioco per i bambini. La comunità trovava il tempo di raccontarsi e di ripetere filastrocche, canti e leggende che solo nell’oralità avevano modo di stare in vita, modificandosi e mantenendosi nelle memorie dei singoli. La luce fioca incoraggiava gli incontri tra fidanzati ma faceva anche da coreografia per i racconti più paurosi, scherzi e marachelle per i più fifoni. A volte arrivavano venditori ambulanti dalle valli più vicine a impagliare qualche sedia o vendere oggetti di legno, abilmente costruiti dagli artigiani dei paesi di montagna. Altre volte passava di là qualche contastorie che, in cambio di un po' di ospitalità, si prodigava a catturare la curiosità di tutti i presenti e a non svelare il finale della storia durante la prima serata, per assicurarsi ancora un piatto di minestra e un’altra notte notte nella stalla.
Viene da chiedersi cosa rimane dei filò al giorno d’oggi? Chi di voi si ricorda qualche filastrocca dei nostri paesi?
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