Officina di Storie 2021: LandscapeofLife / Vivere DAL territorio

La falciatura a Cortina d'Ampezzo

Un tempo si capiva che era tempo di falciare quando l’erba era alta e prima che i fiori facessero il seme. Quanto si falciava a mano, dato che la falce taglia i gambi, bisognava farlo al mattino presto prima che si asciugasse la rugiada poiché l’erba è più morbida e facile da tagliare. Ogni tanto bisognava fermarsi, prendere la cote dal fodero e affilare la lama della falce che lavorando perde il filo. L’erba ammucchiata andava sparsa aiutandosi con una forca, in questo modo si formava uno strato sottile e regolare che poteva asciugarsi con l’azione del sole. Al contrario, se si usavano le falciatrici, l’erba non veniva tagliata ma tranciata e quindi il lavoro andava fatto più tardi quando la rugiada era asciutta.
Quanto l’erba era secca in superficie veniva girata per farla seccare anche dall’altra parte, poi si rastrellava formando le andane, righe di fieno lunghe tutto il prato. Se veniva brutto tempo prima che l’erba fosse secca era possibile intervenire per salvare il fieno. L’erba falciata veniva messa su un paletto piantato nel terreno e munito di stecche orizzontali, pettinando l’erba in superficie affinché la pioggia scorresse senza bagnare lo strato sottostante. Col fieno quasi secco venivano fatti dei mucchi grandi, con una sommità ben pettinata per lo scolo dell’acqua piovana in modo che non penetrasse negli strati sottostanti. Il tutto veniva poi steso al sole al ritorno del bel tempo e dopodiché portato definitivamente nel fienile.
Per la raccolta del fieno si usavano dei teli; questi erano tessuti con la fibra grezza della canapa e del lino e avevano una forma quadrata e una fettuccia ad ogni angolo per poterli legare una volta riempiti di fieno. Venivano poi accatastati sul carro e trainati nel fienile. Nella valle d’Ampezzo si riusciva a falciare due volte: il primo taglio, detto fieno, è composto per la maggior parte da graminacee ed è quindi energetico e adatto alla produzione della carne, mentre il secondo taglio prende il nome di “outiguoi” ed è composto per la maggior parte da leguminose perciò proteico e adatto alla produzione del latte. In prati particolarmente fertili si potrebbe sfalciare una terza volta: in questo caso il taglio prende il nome di “poc”.

Tags

Collezione

Museo Etnografico Regole d'Ampezzo

Autore

Museo Etnografico Regole d'Ampezzo

Dolom.it è il tuo museo!

PARTECIPA