Officina di Storie 2021: DoloMythicWomen / Figure femminili nell'immaginario

La Filoi: la strega di Cleulis

Nella tradizione carnica non mancano leggende legate a streghe, che molte volte erano semplicemente delle donne anziane che a causa dei loro comportamenti e azioni venivano considerate tali.
In ogni paese della Carnia viveva almeno una donna ritenuta una strega. A Cleulis, frazione di Paluzza, era molto nota la “Filoi”: una donna che si diceva avesse compiuto sia sortilegi che buone azioni.
La Filoi oltre a compiere stregonerie nei confronti di coloro che si dimostravano ostili nei suoi confronti, aveva la straordinaria capacità di trasformarsi in animale nell’ora magica tra la mezzanotte e l'una.
Un uomo di Cleulis raccontò che una notte si trovò ad assistere alla trasfigurazione in animale della donna. Quando si rese conto di ciò che aveva appena visto, seppur sconvolto dal prodigio, cercò di afferrarla per capire chi fosse, ma ogni tentativo fu vano, finché, terrorizzato, non si fece il segno della croce. Segnandosi, riuscì a riportare la creatura alle sembianze umane.
Non appena la strega si accorse di essere stata scoperta disse all'uomo: “se tu menzioni il mio nome, morirai entro l'anno. Se tu racconti il fatto soltanto, senza fare il mio nome, ti spezzerai ambedue le gambe nei boschi dell'Ungheria; se racconterai il fatto senza fare il nome, ma dirai che si tratta di una donna di Cleulis, allora rimarrai vedovo”. L'uomo fu costretto ad emigrare davvero in Ungheria, in cerca di lavoro, e là, un giorno raccontò l'episodio ai suoi compagni senza rivelare il nome della strega, ma affermando che si trattava di una
donna di Cleulis.
Tale rivelazione gli costò cara: dopo qualche giorno si spezzò le gambe a causa di un grosso tronco che lo colpì rotolando. Impossibilitato a lavorare, fu costretto a tornare a casa. Dopo pochi giorni dal rientro, sua moglie morì. L'uomo fu così sconvolto da questi avvenimenti che rivelò il nome della strega solo dopo la morte della Filoi.
Un altro episodio narra che la strega, un giorno, venuta a sapere che la sua vicina aveva appena riempito la cassapanca di farina di polenta, si recò a casa sua per chiedergliene un po'. La donna negò di averne e non gliela diede, causando l’ira della Filoi che scagliò un maleficio sulla farina riempiendola di vermi.
In entrambi gli episodi narrati, notiamo che la strega si era vendicata di persone che le avevano fatto un torto: nel caso del boscaiolo, egli non aveva mantenuto il segreto; mentre la vicina non si era dimostrata altruista.
In punto di morte la Filoi chiese l'assistenza del prete, che accettò e in seguito non rivelò mai ciò che si dissero, limitandosi ad affermare che la strega non fosse malvagia, ma che in varie occasioni si era anzi rifiutata di compiere delle cattive azioni ordinate dalla Lega Internazionale delle Fate e delle Streghe.
Durante la veglia funebre, dopo mezzanotte, arrivò un gruppo di donne vestite a lutto con il viso coperto da un tulle nero, e la gente del posto disse che erano fate e streghe. Ognuna di esse si avvicinava alla Filoi e la baciava in fronte salutandola nella propria lingua.
Ad esse si unirono poi due ragazze vestite di bianco, con una fascia a tracolla nera e il volto coperto di tulle nero. Posero dei fiori ai piedi della Filoi e scomparvero assieme alle altre donne, si dice a commemorare la defunta sul Monte Tenchia.

Ai funerali partecipò un gran numero di persone, addolorate dalla perdita della Filoi, dimostrando quanto
ella, pur essendo una strega, avesse fatto del bene nel corso della sua vita.

Il monte Tenchia
Il Pian delle Streghe è una radura sul monte Tenchia, luogo affascinante e misterioso. Una leggenda narra che nel Pian delle Streghe venissero organizzati incontri segreti tra le streghe del luogo e quelle germaniche, che vi si recavano a bordo delle loro scope volanti. Durante i loro ritrovi, le streghe danzavano in cerchi concentrici sui quali sbocciavano fiori di aglio orsino.
Il Pian delle Streghe viene citato anche da Carducci all'interno di Rime Nuove del 1 Agosto 1885.

In Carnia

Su le cime de la Tenca
Per le fate è un bel danzar,
Un tappeto di smeraldo
Sotto al cielo il monte par.
Nel mattin perlato e freddo
De le stelle al muto albor
Snelle vengono le fate
su moventi nubi d’or.
Elle vengon con l’aurora
Di Germania ivi a danzar.
Treman l’ombre degli abeti
Nere e verdi al trapassar.
De la But che irrompe e scroscia
Elle ridono al fragor,
E in quel vortice d’argento
striscian via le chiome d’or.
Freddo e nitido è il lavacro
Ed il sole anche non par.
Su la vetta de la Tenca
Incominciano a danzar.
Bianche in vesta, rossi i veli,
I capelli nembi d’or,
Che abbandonano ridenti
De li zefiri a l’amor.
Poi con voce arguta e molle,
Sì che d’arpe un suono par
Le sorelle de la Carnia
incominciano a chiamar.
Tra il profumo degli abeti
Ed il balsamo dei fior
Da le valli ascende il coro
Del mistero e de l’amor.
Su la rupe del Moscardo
E’ uno spirito a penar:
Sta con una clava immane
La montagna a sfracellar.
Quando vengono le fate,
Egli oblia l’aspro lavor;
E sospeso il mazzapicchio
Guarda e palpita d’amor.
Che le fate al travaglioso
mai sorridano non par:
Il selvaggio su la rupe
si contenta di guardar,
E talvolta un cappel verde
Ei si mette per amor,
e d’un bel mantello rosso
Ei riveste il suo dolor.
Ahi, da tempo in su la Tenca
Niuna fata non appar:
Sol la But tra i verdi orrori
S’ode argentëa scrosciar,
E il dannato su ‘l Moscardo
Senza più tregua d’amor
Notte e dì col mazzapicchio
Rompe il monte e il suo furor.
Ahi, le vaghe fantasie
Dal mio spirito esulâr,
E il torrente di memoria
Odo funebre mugghiar:
Niun fantasima di luce
Cala ormai nel chiuso cuor,
E lo rompe a falda a falda
Il corruccio ed il dolor.





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Museo Carnico delle Arti popolari Michele Gortani

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Museo Carnico delle arti popolari 'Michele Gortani'

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