La panificazione tradizionale in Fassa - Fèr panec de sièla
Un tempo in fassa si diceva: “Per fèr bec e bon pan ge vel bon ciaut” Per fare bambini e pane buono ci vuole un buon calduccio. Con la farina di segale si preparavano i panec, le tradizionali pagnotte di farina di segale aromatizzate con cumino, in quantità sufficiente per 5 o 6 mesi. In un apposito mastello, mutré, la farina veniva mescolata con acqua calda, pasta lievitata e sale, poi l’impasto era messo a riposare per alcune ore in una madìa, chiusa da un coperchio, assieme a una ciotola d’acqua benedetta per neutralizzare eventuali malefici che impedissero la lievitazione. Sull’apposita asse, panaa, i pani di pasta si lasciavano lievitare ancora per alcune ore e infine il pane veniva cotto nei forni e conservato in un luogo asciutto: sul pénol, una specie di rastrelliera in legno. Col tempo naturalmente il pane diventava duro, e per mangiarlo bisognava sminuzzarlo con il taapan, il tagliapane. Da pochi anni in Fassa sono nate aziende di giovani agricoltori che portano avanti l’attività contadina mantenendo quanto più possibile il legame con la tradizione. L’azienda agricola biologica Soreie di Vigo di Fassa, ad esempio, gestita da due giovani fratelli, ha intrapreso la sfida del coltivare in montagna, inserendo tra le loro coltivazioni l’orzo e la canapa. Anche la giovane coppia di Mazzin, marito e moglie poco più che ventenni, dell’azienda N’outa, è riuscita a recuperare un’antica varietà di orzo autoctona della val di Fassa e così raccontano l’inizio della loro avventura: “L’orzo che coltiviamo per noi è molto prezioso, è una varietà autoctona della Val di Fassa. Assunta Dantone, vive al Vera ed è l’ultima abitante di questa piccolissima frazione ai piedi della Marmolada; nel 2015 generosamente ci ha donato 100 gr di un’antica semente d’orzo che viene coltivata dalla sua famiglia da generazioni e noi da quel momento abbiamo cercato di ripropagarla… da lì ha inizio la storia di N’OUTA”.
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