Officina di Storie 2021: LandscapeofLife / Vivere DAL territorio

L'ORZO. Un cereale che cresceva anche nei campi della zona di Forni Avoltri

Bevanda dal gusto amaro, che ricorda quello del caffè, bevuto in purezza o mescolato al latte, era
una presenza nella cucina delle case di tutti: il caffè d'orzo.
Il caffè era un prodotto costoso, che si comprava raramente e si doveva scendere in città per poterlo acquistare.
Differentemente l'orzo era un cereale che non si faceva intimidire dai climi montani e cresceva anche nei campi della zona di Forni Avoltri (fu infatti coltivato alla fine dell'Ottocento anche a Collina ad un'altitudine di 1250 mt. s.l.m.). In cucina conosceva tanti impieghi per minestre, sotto forma di farina per il pane e macinato per fare, appunto, il “caffè d'orzo”.

Preparare questa bevanda richiedeva degli utensili a disposizione, perché come per il caffè, anche l'orzo in chicchi andava tostato. Si utilizzava lu brustulìn, il tostino per orzo: nella sfera di metallo, che si apriva a metà, si mettevano i chicchi, poi la si richiudeva e avvicinava al fuoco del fogolâr e per stare alla giusta distanza dal fuoco e non scottarsi, era indispensabile tenerlo per il lungo manico.
I chicchi dovevano imbiondire in modo uniforme e per ottenere questo risultato non dovevano stare troppo a lungo a contatto con il fuoco ed essere continuamente tenuti in movimento. Immaginiamo che, tostando l'orzo, si creasse un effetto sonoro simile a quello di un sonaglio, che si accompagnava all'avvolgente profumo della tostatura.
Solitamente si macinava con lu masenin di volta in volta solo il quantitativo necessario per la preparazione della calda bevanda, in modo che mantenesse l'aroma.

Qui vi proponiamo la ricetta che veniva seguita per la preparazione del caffè d'orzo:
si mette un pentolino colmo d'acqua sul fuoco, appena l'acqua si intiepidisce, vanno versati lentamente due cucchiai d'orzo tostato e macinato al momento per mezzo litro d'acqua.
Si continua a mescolare, lasciando che bolla. Infine si toglie dal fuoco il pentolino, lo si copre con un coperchio e si lascia riposare il “caffè”. Nell'attesa si pregusta il profumo che si sparge in cucina. Prima di essere consumato va filtrato per eliminare il deposito.

Una curiosità sul brustulìn che trovate nel museo “Cemùot chi èrin” a Forni Avoltri: è uno degli ingegnosi esempi di riuso di elementi di materiale bellico, in questo caso della Grande Guerra, per la costruzione di attrezzi da lavoro o utensili da cucina. Osservate come da due calotte di elmetto formino l'elemento a palla del tostino.

Qui la scheda descrittiva dell'ERPAC
http://www.ipac.regione.fvg.it/aspx/ViewProspIntermedia.aspx?idScheda=11020&tsk=BDM&idAmb=120&tskP=MCF&idSchedaP=69&idsttem=4&tp=vMap&pNum=1

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Carnia Musei Rete Museale

Autore

CarniaMusei. Autrice Federica D'Orazio.

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