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La casa di Meleres

Nel primo dopoguerra, la famiglia di mio nonno viveva ancora di agricoltura.
Nonno Giuseppe, oltre che occuparsi di amministrazione boschiva, svolgeva anche l’attività di agricoltore. La casa di Meleres era un tipico edificio rurale ampezzano: abitazione, stalla, fienile e in origine c’era anche un mulino che successivamente è stato demolito.
La foto rappresenta lo stato dell’edificio nel 1950.
Nella parte rurale c’era anche una “botega”, locale adibito a laboratorio di falegnameria, dove venivano fatte anche le riparazioni degli attrezzi agricoli. Era in questo laboratorio che Giuseppe poteva coltivare una delle cose che meglio conosceva e che lo aveva aiutato molto durante tutto il periodo della prigionia, durante la prima Guerra Mondiale: la falegnameria. Nel suo diario di prigionia, quando Giuseppe parla del “mestiere”, si riferisce quasi sempre alla falegnameria.
Partito come soldato austriaco, nel 1914 viene fatto prigioniero in Galizia dai russi e torna a Cortina via mare, dopo oltre 4 anni di peripezie, con un contingente di soldati irredenti; viene bloccato in quarantena a Napoli per oltre due mesi e cresce l’enorme desiderio di tornare a casa. A Napoli, il primo contatto epistolare è con una delle sorelle, dopo due anni di assenza di notizie. Così scrive avendo in mano la lettera: “... dalla grande emozione non sono capace di aprirla, mi pare che il cuore voglia scoppiare, non so se dalla gioia o dal timore. Poi, con mano tremante la apro e finalmente leggo ...” A casa sono tutti vivi e sani … “… ti aspettiamo con le braccia aperte ...”

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Museo Dolom.it

Autore

Essezetaelle

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