Ciòde e ciodéti
Post 50 - Ciòde e ciodéti
Prima del 1914, era consuetudine che le donne del Bellunese e del Feltrino praticassero forme di emigrazione stagionale verso l’impero d’Austria. Bastava superare la frontiera, a Tezze di Grigno, per entrare in Trentino, dove c’erano possibilità lavorative migliori di quelle offerte dalla madrepatria. Le lavoratrici venete erano chiamate “ciòde” dai trentini, forse perché portavano scarpe chiodate, oppure per l’abitudine a scandire il discorso con l’intercalare “ciò”. I bambini che queste donne portavano con sé, per avviarli al lavoro, erano chiamati “ciodéti”.
Dato che le ciòde lavoravano in genere come braccianti agricole, la stagione iniziava verso fine marzo. Una volta superato, spesso clandestinamente, il confine italo-austriaco e raggiunta la città di Trento, le lavoratrici si raccoglievano sotto il tiglio di piazza Duomo, dove i contadini andavano a incontrarle, in un sistema noto come “mercà dele ciòde”. Il lavoro, nei campi della valle dell’Adige, era duro, poco qualificato ma molto faticoso, e le retribuzioni scarse; spesso i ciodéti ricevevano solo vitto, alloggio e qualche vestito. Le occupazioni variavano nel tempo: si passava dall’aratura e semina della primavera allo sfalcio del fieno in estate, ai raccolti dell’autunno. Non era raro che, tra un lavoro e l’altro, le ciòde si ritrovassero a vivere per strada o che incappassero in molestie e forme di sfruttamento.
La stagione finiva a novembre; alcune donne ritornavano a casa in Italia, mentre per altre la necessità di guadagno era tale da spingerle verso il Nordtirol e il Vorarlberg, per lavorare nelle fabbriche durante l’inverno. In genere, le ciòde erano giovani e nubili; una volta sposate, se continuavano ad emigrare, era probabile che si dedicassero alla professione di balia da latte. Con la prima guerra mondiale il flusso migratorio delle ciòde si interruppe; in seguito, i cambiamenti economici e sociali dei territori coinvolti non ne permisero la ripresa.
[Medusa] @cosmic.jellyfishh
In collaborazione con @ecomuseovalsugana
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